Palazzo Piccolomini
La Residenza familiare (dal 1469 al 1681)
Il Collegio Tolomei (dal 1681 al 1820)
Il Palazzo demaniale e l’Archivio di Stato (dal 1824 ad oggi)
Nel 1823 il granduca Leopoldo approvò un progetto per la riduzione della fabbrica sede del Collegio Tolomei a uso della Dogana e di altri uffici pubblici. Nel 1824 l’edificio fu ceduto dalla consorteria Piccolomini allo Scrittorio delle Fabbriche, cioè al Demanio granducale. Questo atto sancì l’acquisto di tutto il palazzo da parte del governo granducale: sia la parte della consorteria Piccolomini corrispondente al corpo originario costruito a partire dal 1469, sia quella del Collegio Tolomei relativa agli ampliamenti effettuati tra 1681-1820. Cominciarono dunque nuovi lavori di trasformazione dell’edificio per adattare i grandi saloni alle esigenze degli uffici ospitati (Ufficio del Registro, Scrittoio delle Regie Fabbriche, Dogana, Regie Poste, Intendenza di Finanza, Scuola di musica, Accademia scientifica e letteraria tegea) e delle abitazioni degli impiegati. Per il Collegio Tolomei nel 1820 fu individuata una nuova sede presso i locali del soppresso convento di Sant’Agostino. Nel 1858 il neonato Archivio di Stato fu allestito in sei sale del palazzo, all’ultimo piano; l’inaugurazione solenne avvenne nel 1867, dopo che nuovi lavori mutarono ancora la struttura interna dell’edificio.
La nascita dell’Archivio si lega alla figura di Francesco Bonaini che distribuì il materiale archivistico separando i documenti della Repubblica da quelli del Principato; ciascun gruppo fu articolato in sottoclassi per la sezione politica, economica e giudiziaria. L’ordinamento dei fondi archivistici avvenne secondo il metodo storico e fu iniziata la registrazione delle pergamene. Nell’Archivio di Stato infatti erano confluiti i materiali fino ad allora conservati nei due grandi archivi cittadini del Diplomatico e delle Riformagioni e dell’Archivio generale dei Contratti, antichi istituti che avevano accolto i versamenti di migliaia di pergamene e documenti prodotti dallo Stato senese in età comunale e repubblicana (dal XIII secolo al 1557) e in età granducale fino al 1808, momento di inizio della dominazione napoleonica.
La decorazione all’accesso dell’Archivio fu realizzata da Giorgio Bandini, professore della Scuola di Ornato presso l’Istituto di Belle Arti; le pareti della galleria d’ingresso, oggi sede di una mostra documentaria, furono ornate “in stile” per suscitare un’atmosfera storica con semplici quadrature a finti marmi scanditi da lesene con candelabri; nelle volte e nelle lunette furono dipinti fra ornati vegetali, putti e angeli gli stemmi di Siena (Balzana, Libertas, Leone del Popolo), dei suoi Terzi (Città, San Martino, Camollia) e del tribunale di Mercanzia, oltre alle sei città soggette (Grosseto, Massa, Sovana, Chiusi, Pienza, Montalcino) e i due porti di mare (Talamone, Porto Ercole). Nelle lunette poste all’inizio e alla fine del corridoio è raffigurata la Lupa senese. Nella galleria sono presenti anche tre iscrizioni con lettere in oro su fondo azzurro, riferite rispettivamente alla fondazione dell’Archivio di Stato nel 1858, alle norme dell’istituto e all’inaugurazione del 1867. Nel 1864 l’Archivio si arricchì anche della collezione delle Tavolette di Biccherna e nel 1877 nella cappella grande furono poste vetrine che ospitano la collezione di pergamene e manoscritti donata dal conte Scipione Bichi Borghesi; tra questo materiale c’è il testamento del Boccaccio. Nel 1887 fu restaurata la facciata del palazzo a cura dell’Intendenza di Finanza, trasferita in questa sede dal 1870.
Nel corso del tempo l’Archivio ha occupato spazio sempre maggiore all’interno dell’edificio in seguito alla soppressione o trasferimento di altri uffici pubblici. Gli interventi sull’edificio non sono mai cessati; nel 1921, per celebrare il sesto centenario della morte di Dante, fu allestita una grande mostra di documenti danteschi che furono esposti in vetrine donate dal Monte dei Paschi di Siena. La stessa mostra fu riorganizzata nel 1956 quando i documenti e le tavolette di Biccherna furono sistemati in tre locali contigui. Ancora nel 1933 fu realizzato il cancello d’ingresso in stile neorinascimentale a cura delle Officine Franci di Siena e negli anni Novanta fu restaurata la facciata. Contemporaneamente all’allestimento delle sale espositive e all’ordinamento dei fondi archivistici, furono eseguiti lavori per la realizzazione della scaffalatura degli ambienti di deposito del materiale. Per la conservazione del Diplomatico, che conta attualmente oltre 62.000 pergamene distribuite in ordine cronologico, furono costruiti grandi armadi di legno divisi in caselle. Negli anni 1953-54 l’Archivio si arricchì di una nuova sezione destinata al servizio microfotografico.
Attualmente l’Archivio occupa la maggior parte del palazzo, con 108 locali adibiti a uffici, aree aperte al pubblico, laboratori e soprattutto depositi del materiale archivistico per una superficie complessiva di 5679 metri quadrati. I fondi coprono un arco cronologico compreso tra il 735-736 e gli anni sessanta del Novecento e sono caratterizzati da una eccezionale continuità delle serie che riflette la vita ininterrotta delle magistrature senesi nate in età comunale e abolite solo all’inizio dell’Ottocento con le riforme volute dal granduca Pietro Leopoldo. Il materiale archivistico è sistemato su 13891 metri di scaffalature e comprende 183571 pezzi archivistici e 62841 pergamene.
Nel 2008 una serie di eventi, convegni e presentazioni ha celebrato i 150 anni dell’Istituto. Gli atti della giornata di studi organizzata per l’occasione e pubblicati dalla Direzione Generale Archivi (Pubblicazioni degli Archivi di Stato – Saggi 100) sono disponibili in pdf a questo link 150 anni ASSi.