La Biccherna
print this pageLa Biccherna è la più antica e importante magistratura finanziaria del Comune di Siena, documentata per la prima volta nel 1168 nell’atto della donazione di Asciano fatta dai conti Scialenghi ai Consoli senesi. Si tratta di un organo amministrativo che costituisce l’espressione del nuovo Comune e insieme rappresenta il superamento dell’organizzazione fiscale imperiale e vescovile preesistente sul territorio senese. Il modello di questa complessa struttura infatti deriva dalla tipologia degli uffici pubblici bizantini dell’Impero romano d’Oriente, capace di rispondere in modo più efficace alle complesse esigenze amministrative del neonato Comune. I contatti tra Siena e l’Oriente cominciano con la partecipazione della città alla Prima Crociata nell’anno 1096 e più tardi si intensificano grazie ad una fitta rete di scambi commerciali che porta i mercanti-banchieri senesi ad interagire con gli uffici amministrativi orientali e a comprenderne il raffinato meccanismo di funzionamento. L’etimologia stessa della parola “biccherna” è stata accostata al vocabolo “blacherne” che a Costantinopoli designava il quartiere degli uffici pubblici e insieme il palazzo della Dogana. A Siena il termine indicava l’ufficio finanziario e la sua sede. Un’altra interpretazione della parola, oggi pressoché accantonata, istituisce un collegamento con il tedesco “bücher” (libri), inerente alla funzione di conservazione degli archivi che caratterizzava l’ufficio. Il magistrato di Biccherna era composto da cinque membri, cioè un camarlingo e quattro provveditori che rimanevano in carica per la durata di un semestre. Il camarlingo era la figura suprema, nominato dal Concistoro (la signoria collettiva della città che nel periodo del governo dei Nove era costituito dai provveditori di Biccherna, dai Nove, dai consoli di Mercanzia e dai capitani di parte guelfa) e scelto fino al 1350 tra i membri di vari ordini monastici quali umiliati, servi di Maria e soprattutto cistercensi della vicina e potente abbazia di San Galgano. Le origini di questi uomini garantivano teoricamente estraneità alle grandi famiglie cittadine e notevoli capacità amministrative con la possibilità, in caso di ammanco, di attingere ai ricchi patrimoni dei conventi. I provveditori erano invece laici appartenenti alle famiglie detentrici del potere in città, nominati dal Consiglio generale e facenti parte del Concistoro. Il personale dell’ufficio era affiancato da figure minori che contribuivano al funzionamento della complessa macchina amministrativa: notai, giudici, scrittori, custodi dell’archivio, messi e guardiani. L’ufficio di Biccherna fu per tutto il XIII secolo e gran parte del XIV secolo il fulcro dell’amministrazione finanziaria senese, responsabile della gestione di tutte le entrate e le uscite del Comune. Per quanto riguarda le entrate, tutti i versamenti erano ricevuti da almeno due provveditori che provvedevano a passare il denaro al camarlingo. Le entrate e le uscite erano annotate in tre serie differenti di registri e alla fine del semestre erano compilati da parte del camarlingo e dei provveditori altri due registri che erano consegnati al sindacato dei Consigli per controllare se le uscite fossero state fatte per utile del Comune; in caso negativo, il camarlingo ed i provveditori dovevano rifondere le somme contestate. Questi ultimi libri dal 1258 furono rilegati con le tavolette dipinte che costituiscono oggi l’oggetto del Museo delle Biccherne. Il camarlingo ed i provveditori erano affiancati ciascuno da un notaio che vigilava sul corretto svolgimento delle operazioni. Tra il personale ausiliario c’erano i custodi dei libri della Biccherna che avevano l’obbligo di depositare i registri nell’ufficio all’interno di appositi cassoni chiusi a chiave, come si vede ad esempio nelle tavolette nn.20, 21 e 22 che mostrano i dettagli dell'interno dell'ufficio ed il suo mobilio. Le materie di competenza della Biccherna erano molto varie e subirono modifiche nel corso del tempo, per l’evoluzione degli apparati amministrativi del Comune. All’ufficio erano date in custodia le armi sequestrate, i libri dei carcerati e dei debitori nei confronti del Comune, le liste di coloro che erano abilitati all’esercizio del notariato e di coloro che non potevano essere eletti a uffici pubblici. La Biccherna doveva inoltre pagare le elemosine a chiese e conventi. Con il XIV secolo l’istituzione della Gabella Generale e dei Contratti ridimensionò significativamente l’importanza finanziaria della Biccherna che perse il monopolio della gestione diretta delle entrate. Alla Biccherna rimasero l’amministrazione delle uscite e alcuni incarichi speciali come il pagamento dei palii e, dopo la compilazione del primo catasto generale della città e del contado del 1316, le fu affidato il compito di tenere aggiornato il catasto nei libri detti Tavola delle possessioni. Nel 1360, dopo la fine del governo dei Nove, furono attribuite all'ufficio di Biccherna altre competenze, tra le quali la gestione di tutte le uscite. Fu disciplinato più rigorosamente il controllo sul mantenimento di case private, mura e torri della città. Altra novità fu che il camarlingo era scelto tra i cittadini laici e rimaneva in carica per un anno, mentre per i provveditori il periodo del mandato si mantenne semestrale. La riforma medicea lasciò inalterata la sfera delle competenze della Biccherna, ma l’istituzione della Depositeria granducale ne ridimensionò fortemente l’importanza perché prevedeva il versamento nelle sue casse di tutti gli introiti da parte dei camarlinghi dello Stato. Con l’avvento del granduca Pietro Leopoldo la Biccherna fu soppressa insieme a tutti gli altri istituti comunali nel processo di riforma generale che interessò l’intera amministrazione toscana. L’Archivio di Biccherna era custodito in origine nei locali annessi alla chiesa di S.Pellegrino; quando la sede fu spostata a S.Cristoforo, vi confluirono carte provenienti anche da altri uffici senesi. Alla fine del XIII secolo risale il primo tentativo di sistemazione degli archivi pubblici nel palazzo del Comune, nelle sagrestie delle chiese conventuali e nell’Ospedale, lasciando nell’ufficio della Biccherna solo i documenti di propria competenza. L’intero deposito giaceva in uno stato gravemente confusionario e soltanto all’inizio del XV secolo furono redatti regolari inventari in occasione dello spostamento di questi materiali nell’Archivio delle Riformagioni, ma le difficoltà di conservazione perdurarono anche durante la dominazione francese, quando i registri furono trasportati a Parigi per ordine di Napoleone I e ricondotti soltanto in parte a Siena dopo la Restaurazione. Grazie all'impegno dell'abate De Angelis tutto il materiale superstite nel 1858 confluì nel neonato Archivio di Stato su richiesta della Soprintendenza agli Archivi della Toscana insieme ad un’altra parte dei registri di Biccherna miracolosamente recuperata con il versamento effettuato dall’Archivio Notarile dove erano conservati quei registri dei notai ausiliari dell’ufficio e confluiti nell’Archivio generale dei contratti. |
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