L'Opera Metropolitana
print this pageLa più antica citazione di un’Opera Sancte Marie, un ente specificamente rivolto alla manutenzione della fabbrica del duomo, risale al 1190 e varie testimonianze comprovano a partire dal 1226 il progressivo intervento del Comune nel finanziamento delle spese e degli operai per i lavori di edificazione della cattedrale. Più tardi, nel 1262, il governo dell’Opera risulta affidato ad una commissione speciale dipendente dal vescovo e dal Comune che gestisce la scelta dei responsabili del cantiere, il controllo finanziario dell’ente e l’indirizzo dei lavori. Soltanto tra 1296-1297 c’è un cambiamento radicale nella gestione dell’Opera e del suo cantiere, che è affidato ad un solo responsabile detto Operaio, nominato ogni sei mesi dai Nove priori e dai Consoli della Mercanzia e libero di gestire i finanziamenti con una certa autonomia. A costui sono affiancati uno scrittore e la tesoreria comunale, con il compito di controllare la contabilità dell’Opera e aggiornare i registri di entrata e uscita. Più tardi, in seguito ad altre riforme, accanto all’Operaio e allo scrittore compaiono sei consiglieri, due per ogni terzo cittadino; il gruppo rimane in carica per un anno, permettendo continuità nell’impostazione dei lavori e anche il controllo politico sul progetto in corso. Con lo statuto del 1337-1339 questi aspetti vengono codificati e rimangono inalterati fino alla metà del XVI secolo; la tendenza delle riforme che tuttavia sopraggiungono nel corso del tempo è univocamente rivolta a rafforzare la dipendenza dell’Opera dalle autorità comunali. Lo statuto del 1545 impone all’istituzione condizioni legislative che rimangono valide fino alle riforme lorenesi della seconda metà del Settecento. Al vertice della struttura è posto un rettore, che sostituisce la carica dell’Operaio, eletto a vita scegliendo tra un elenco di persone indicate dal Senato, il supremo organismo previsto dallo statuto, e obbligato a non avere figli. Al di sotto nella gerarchia istituzionale ci sono otto “savi”, due per monte e un canonico rappresentante del Capitolo, in carica per un anno. Infine c’è il camarlingo dell’Opera, ufficiale responsabile della gestione del denaro, eletto a sorte per la durata di un anno. La stabilità conferita dallo statuto consente all’Opera di superare senza particolari difficoltà il delicato momento della fine della Repubblica senese e l’avvento della dominazione medicea, con l’ausilio di riforme che facilitano l’adattamento dell’istituzione alle nuove necessità politiche e amministrative. La nomina del rettore è affidata all’arbitrio del granduca e le questioni generali sottoposte al controllo del governatore. Nella seconda metà del Settecento, in pieno periodo lorenese, è affrontato il problema della regolamentazione delle revisioni amministrative dell’Opera e la giurisdizione contabile dell’azienda è sottomessa all’Ufficio delle revisioni e sindacati. Tra 1777 e 1784 sono introdotte radicali riforme che diminuiscono il numero dei “savi” da otto a quattro unità e il cancelliere perde ogni competenza in materia giudiziaria conservando soltanto le mansioni di notaio e procuratore. Infine nel 1784 la Segreteria di Stato comunica la decisione granducale di sopprimere l’ufficio dei “savi”, lasciando il governo dell’Opera al solo rettore. Nel 1786 la soprintendenza dell’Opera diventa sottoposta alla comunità civica che aveva mutuato i compiti del soppresso ufficio di Balìa in materia di revisione e controllo contabile. Dunque nel 1790 il nuovo organigramma dell’Opera prevede la presenza del rettore, unico responsabile dei lavori e dell’economia, del camarlingo che si occupa delle operazioni di maneggio del denaro, affiancato dal bilanciere e dai suoi aiutanti che avevano il compito di seguire quotidianamente tutte le operazioni contabili, del cancelliere che in qualità di procuratore doveva sbrigare gli affari contenziosi o informativi sottoposti dal rettore e infine del fattore, responsabile del controllo su tutti coloro che lavorano per l’Opera. La presenza francese tra 1808 e 1814 non apporta significativi cambiamenti alla struttura amministrativa dell’Opera che, grazie alle novità contabili introdotte, è indirizzata al contenimento delle uscite mediante la riduzione del personale amministrativo e di sacrestia, l’abbassamento dei salari, il controllo sulle spese minute e la sospensione di elargizioni e distribuzioni. Lo sforzo di vigilare sulle finanze dell’ente si accentua a partire dal 1815 con il restaurato governo granducale. Con l’Unità d’Italia il problema della collocazione giuridica dell’Opera è affrontato con grande attenzione e si conclude con il riconoscimento della natura laicale dell’istituzione e della sua vocazione culturale; si comincia dunque a progettare la fondazione di un museo nel quale raccogliere le opere d’arte collegate alla fabbrica del duomo e tutte le donazioni ricevute da parte di enti pubblici e privati. Nel 1874 l’Opera acquista dallo Stato alcuni locali posti nello stesso fabbricato, che in tal modo diviene tutto di proprietà dell’istituzione e che ancora oggi ospita gli uffici ed il museo. Lo stemma di questa importante istituzione è raffigurato nella tavoletta n.104. |
Biccherna 104 | |